Midrash (ebr. מדרש; plurale midrashim) è un metodo di esegesi biblica seguito dalla tradizione ebraica. Il termine viene usato anche per designare il genere letterario relativo a tale metodo e per indicare un'opera o una raccolta di opere risultanti dall'applicazione di esso.[1][2][3]
Il sostantivo midrāsh è connesso con il verbo darash (דרש), di cui il senso fondamentale è cercare con cura, con passione.[4] Delle molte forme del verbo darash che compaiono nella Bibbia ebraica,[5] Mauro Perani dice: "La sfera semantica di questa radice verbale si polarizza verso il campo dei significati che ruotano intorno ai concetti di ricerca, indagine, richiesta, cura e attento studio nei confronti di una realtà che, in qualche modo chiede di essere esaminata".[6]
Il sostantivo midrāsh compare solo due volte nella Bibbia ebraica e precisamente nei relativi tardivi libri delle Cronache: 2 Cronache 13:22, "il midrāsh del profeta Iddo", dove esso viene tradotto in italiano con "memoria" (CEI), "memorie" (RIV), "annali" (LND), e dall'antica versione greca Septuaginta con βιβλίον (libro); e 24:27 ("il midrāsh del libro"), dove viene tradotto con gli stessi termini "memoria" (CEI), "memorie" (RIV), "annali" (LND), e dalla Septuaginta con γραφή (scrittura). Umberto Cassuto, nell'Enciclopedia italiana (1934), dice delle due opere menzionate in questi passi biblici: "È possibile che, conformemente all'uso del vocabolo nell'epoca posteriore, esse siano state esposizioni e amplificazioni di più antichi testi, cioè di un libro, ma è anche possibile, e forse probabile, che nei passi in questione il vocabolo midrāsh significhi semplicemente "libro", in quanto ogni libro è oggetto di studio e d'indagine; in tal caso nel secondo di essi il vocabolo sēfer, che vale anch'esso "libro", dovrebbe essere considerato come una glossa".[7]
Già dal primo Medioevo si distingue la funzione di gran parte dell'interpretazione midrascica della Sacra Scrittura da quella dell'interpretazione peshat, che intende individuare il senso letterale originale del testo.[8] Con il midrash si andava al di là del senso peshat letterale e, con l'uso delle tecniche dette middot esegetiche, si attualizzava il testo, adattandolo ai bisogni e alle concezioni della comunità e traendone applicazioni pratiche e significati nuovi che sono lontani dall'apparire a prima vista.
Il midrash si usava per risolvere le contraddizioni ed eliminare le ambiguità che si incontrano nella Bibbia.[9] Umberto Cassuto dice che il midrash era "uno studio assiduo e zelante, amorevole e riverente, minuzioso e sottile, del testo biblico, tendente a ricercarne e precisarne il significato, anche il più riposto o quello che tale si riteneva, e per trarne le norme della vita e gl'insegnamenti della religione e della morale; da ciò anche l'"interpretazione" della parola biblica, con la quale si veniva, senza averne coscienza, a modificarne la portata adattandola ai tempi mutati e alle mutate condizioni sociali e politiche; da ciò inoltre l'attività intesa a ricollegare con la Bibbia, mediante un'esegesi più o meno artificiosa, le consuetudini giuridiche e religiose tradizionali e i nuovi istituti o le nuove norme di diritto e di vita religiosa che si venivano creando in seno al giudaismo o in esso penetravano dall'esterno, sì da dar loro quella consacrazione ufficiale che solo poteva venire dalla connessione con la legge rivelata, unica fonte di diritto; da ciò altresì l'analoga attività intesa a ricollegare similmente col testo della Bibbia le antiche tradizioni di carattere storico o leggendario relative ai personaggi biblici e agli avvenimenti della storia biblica, gl'insegnamenti tradizionali o innovati in materia di credenze religiose e di doveri morali, di coscienza nazionale e umana, di attesa fiduciosa per l'avvenire d'Israele e dell'umanità".[7]
Lo studioso ebreo Jacob Neusner indica tre maniere di fare midrash:
Alcuni limitano il discorso midrascico al giudaismo rabbinico.[11] Altri invece riconoscono l'uso del metodo midrash anche in alcuni manoscritti del Mar Morto,[12][13] e in parti del Nuovo Testamento[14][15][16] e della Bibbia ebraica (quali Cronache, Deuteronomio, le soprascritte dei Salmi).[17] Infatti, "i vari procedimenti esegetici praticati dal giudaismo delle diverse tendenze si ritrovano nello stesso Antico Testamento, per esempio nei libri delle Cronache in rapporto ai libri dei Re, e nel Nuovo Testamento, per esempio in certi ragionamenti scritturistici di san Paolo".[18] Antonio Pitta scorge l'uso della procedura midrash in Gal 3:6-14;[19] Neil Godfrey la individua in tutti e quattro i Vangeli canonici e in Galati 3:16.[20]
Anche fuori delle Scritture canoniche i primi cristiani adoperavano il metodo midrash. Un passo della cosiddetta Lettera di Barnaba (di data incerta fra il 70 e il 133 d.C.) ne è stato definito "un esempio classico".[21][22] Si parla pure del midrash nel Protovangelo di Giacomo (verso il 140-170)[23] e nelle opere di Giustino martire (100 – 163/167).[24][25]
Si riconosce anche un midrash moderno.[26][27]
Il risultato di un'applicazione del metodo midrash è chiamato anch'esso un midrash. Tali insegnamenti, inizialmente trasmessi oralmente, sono stati poi posti per scritto e le raccolte di essi sono pure denominate midrashim.[7]
Una definizione di "midrash" in questo senso data da Gary G. Porton nel 1981[28] e ripetutamente citata da altri studiosi[11][29][30][31][32][33][34][35][36] descrive il midrash come "un tipo di discorso, sia orale sia scritto, che si mette in diretta relazione con un testo fisso canonico, che il midrascista e il suo pubblico considerano essere l'autorevole parola rivelata di Dio e che in tale discorso è esplicitamente citato o chiaramente accennato".[37]
Nel parlare di midrashim, opere prodotte con il metodo midrash, alcuni preferiscono limitare il termine a quelle prodotte nell'epoca rabbinica del giudaismo, che è suddivisa nei periodi tannaitico (I–III d.C.), amoraico (III–V d.C.) e postamoraico. Tali testi rabbinici per lo più sono o halakici, da halakh (הלך, lett. camminare) e dettano norme di condotta, o haggadici, da higghîd (הגד) (lett. annunciare, raccontare e comprendono racconti storici o leggendari con sviluppi d'ordine morale o edificante. Se il midrash è esegetico, l'ordine del materiale è quello dei testi biblici su cui fornisce una specie di commentario; se è omiletico, segue l'ordine delle sezioni lette e predicate nell'anno liturgico delle sinagoghe.[7]
Tra i più importanti sono i midrashim tannaitici che riferiscono tradizioni del I-II secolo.
Queste si presentano sia come un commento continuo della Scrittura (midrashim esegetici) sia come un'antologia di sermoni sulle letture fatte in occasione del sabato e delle feste (midrashim omiletici).
Soprattutto halakhici sono Mekhilta sull'Esodo, Sifra sul Levitico, Sifré su Numeri/Deuteronomio, alcune parti del Midrash rabbah (commento del Pentateuco e dei cinque «rotoli» letti nelle feste: Cantico, Ester, Rut, Lamentazioni e Qohelet), il Midrash tanhuma, la Pesiqta di Rab Kahana, la Pesiqta Rabbati. Si hanno anche alcune compilazioni tardive (come i Pirqé di R. Eliezer, il Midrash ha-Gadol, il Midrash tehillim, ecc.). Tutti conservano tradizioni molto antiche.
I nomi seguenti e il loro ordine segue anche la traduzione inglese del Soncino:
Midrashim halakhici
Midrashim esegetici
Midrashim omiletici
Midrashim omiletici minori
Midrashim sui Cinque Megillot (rotoli)
Altri midrashim esegetici
Altre opere aggadiche
Midrashim etici
Midrashim esoterici
Compilazioni midrasciche
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