La World History (detta anche Global History), da non confondere con la storia universale, è un metodo d'insegnamento e di indagine storiografica emerso nel 1980, che vuole esaminare la storia da una prospettiva globale superando le visioni nazionali e regionali. Non deve essere confusa con la storia comparata che, come la World History, si occupa della storia di molteplici culture e nazioni, ma senza la visione globale che caratterizza quest'ultima.
La World History rileva e analizza schemi e modelli applicabili a tutte le culture umane nell'evoluzione storica. Questa disciplina basa il suo studio su due categorie storiografiche principali: il sincretismo (come i processi storici abbiano avvicinato le culture più disparate) e la discrepanza (la varietà e le differenze tra i modelli sociali).
L'avvento della World History come nuovo metodo accademico di studio della storia viene fatto risalire al 1980[1], anno in cui venne annunciata la creazione dell'associazione omonima e vennero inaugurati corsi in svariate università. Durante i decenni successivi le pubblicazioni scientifiche, le organizzazioni professionali e accademiche e i corsi dedicati hanno proliferato in tutto il mondo, sebbene sia prevalentemente una scuola di studio statunitense.[2] L'associazione omonima pubblica trimestralmente il Journal of World History[3] e promuove il gruppo di discussione[4], che funge da rete di comunicazione tra i professionisti che si occupano di quest'approccio, con discussioni tra studiosi, e comprende annunci, piani di studio, bibliografie e recensioni.
La società internazionale per lo studio comparativo delle società[5] aiuta e approfondisce la World History dal punto di vista della comparazione delle società del mondo. È nata nel 1961 a Salisburgo anche grazie alla partecipazione di nomi quali Othmar Anderlie, Pitirim Sorokin, e Arnold Toynbee: si tratta di un'associazione internazionale che pubblica la rivista "Comparative Civilization Review" e ospita annualmente un incontro in una città del mondo.
Lo studio della storia del mondo, in quanto distinta dalla storia nazionale, è esistita in molte culture del nostro pianeta. Tuttavia, le prime forme di World History non erano, per forza di cose, veramente globali e si limitavano alle sole regioni conosciute dallo storico.
Durante il Rinascimento, in Europa, la storia si è sempre basata sugli Stati o sulle nazioni. Lo studio della storia è cambiato durante l'Illuminismo e il Romanticismo. Voltaire ha descritto la storia secondo l'ordine di ciò che egli riteneva importante, piuttosto che descrivere gli eventi in ordine cronologico. La disciplina storica, diventata autonoma, non viene più chiamata Philosophia Historiae, ma solo Historia.
Giambattista Vico (1668-1744), in La scienza nuova (1725), sostiene che la storia sia espressione della volontà umana e delle azioni dell'uomo. Questo filosofo riteneva che gli uomini fossero entità storiche ossia che la loro natura e le loro volontà fossero determinate dal tempo. Ogni epoca deve essere vista come un insieme in cui tutti gli aspetti della cultura, dell'arte, della religione, della filosofia, della politica e dell'economia sono correlate tra loro (un punto sviluppato in seguito da Oswald Spengler). Vico ha dimostrato che il mito, la poesia e l'arte sono la chiave per scoprire il vero spirito di una cultura e ha delineato una concezione dello sviluppo storico in cui le grandi culture, come quella romana, seguono cicli di crescita e declino. Le sue idee non vennero condivise durante l'Illuminismo, mentre hanno profondamente influenzato diversi storici romantici del 1800.
La storia del mondo è diventata un genere "popolare" nel mondo anglosassone del XX secolo grazie alla storia universale. Attorno agli anni Venti diversi best seller hanno a che fare con la storia mondiale, compresi volumi quali The Story of Mankind (1921) di Hendrik Willem van Loon e The Outline of History (1918) di H. G. Wells. Influenti scrittori che hanno raggiunto un vasto pubblico includono quest'ultimo, Oswald Spengler, Arnold J. Toynbee, Pitirim Sorokin, Christopher Dawson,[6] and Lewis Mumford. Tra gli studiosi del settore si possono annoverare Eric Voegelin,[7] William H. McNeill e Michael Mann.[8].
Nel Tramonto dell'Occidente (2 voll.: 1919-1922) Spengler compara nove culture organiche: quella egiziana (3400 a.C.-1200 a.C.), l'indiana (1500 a.C.-1100 a.C.), la cinese (1300 a.C.-200 d.C.), la civiltà classica (1100 a.C.-400 a.C.), la bizantina (300-1100 d.C.), l'azteca (1300-1500), l'araba (300-1250), la cultura Maya (600-960) e quella occidentale (900-1900 d.C.). Questo libro ebbe un folgorante successo tra gli intellettuali di tutto il mondo, in quanto l'autore vi ipotizzava la disintegrazione delle civiltà civiltà europea ed americana a seguito di una violenta "età del cesarismo", argomentando la sua tesi con analogie riscontrate in altre civiltà. All'approfondirsi del pessimismo europeo del primo Dopoguerra, le sue teorie vennero accolte positivamente dagli intellettuali di Cina, India e America Latina, che presumibilmente speravano nell'avverarsi delle sue previsioni sull'imminente collasso degli imperi europei.[9]
Nel 1936-1954 escono, in tre momenti differenti, i dieci volumi che compongono Study of History di Toynbee: questo studioso segue il pensiero comparativo specifico per le civiltà indipendenti di Spengler. Toynbee rivela sorprendenti parallelismi ed analogie nelle nove culture organiche definite da Spengler per quanto riguarda la loro origine, lo sviluppo e il loro decadimento. Toynbee rigetta però il determinismo dei cicli di crescita e declino come se fossero retti da una legge naturale immodificabile; la sopravvivenza di una civiltà dipende, infatti, dalla sua risposta ai mutamenti del contesto. Come Sima Qian, lo storico Toynbee spiega il declino come causato dalla corruzione morale. Dal primo al sesto volume indica come la soluzione a questo degrado morale dell'Occidente sia il ritorno a una qualche forma di cattolicesimo pre-riformistico.[10]
McNeill, in The Rise of the West (1965), partendo dagli studi di Toynbee, dimostra come società differenti dell'Eurasia abbiano interagito tra di loro fin dall'inizio della loro storia influenzandosi reciprocamente. Lo studio di McNeill si focalizza ampiamente intorno alle relazioni dei popoli del mondo, rilevando come queste siano diventate più consistenti e frequenti negli ultimi tempi. Prima del 1500 circa la rete di comunicazione tra le culture è stata l'universo eurasiatico; il termine usato per descrivere queste aree di interazione varia da studioso a studioso. Alcuni di questi lo definiscono sistema-mondo o ecumene. Tuttavia, indipendentemente da come viene chiamato, l'importanza di questi contatti interculturali ha cominciato ad essere riconosciuta da molti studiosi.[11]
Negli Stati Uniti, la World History ha sostituito i corsi di civiltà occidentale ed è oramai ampiamente insegnata nella maggior parte delle università statunitensi.[12]
In Italia a partire dall'anno accademico 2019-2020 è stato istituito un corso ordinario, destinato agli studenti neodiplomati, nonché corso di dottorato, dedicato interamente alla storia globale, intitolato "Global History and Governance" presso la Scuola Superiore Meridionale[1] Archiviato il 12 gennaio 2021 in Internet Archive. di Napoli. Insegnamenti di World History (da vari cfu) sono ormai inseriti nella maggior parte dei corsi di laurea dedicati allo studio della Storia e delle scienze politiche e sociali.
Negli ultimi anni il rapporto tra storia africana e World History, inizialmente freddo, si è spostato verso un rapporto di impegno e sintesi. Reynolds (2007) indaga il rapporto tra le storie africane e le storie mondiali, ponendo l'accento sulle tensioni tra i paradigmi delle scuole di studio e il crescente interesse per la World History nel porre come oggetto di studio le connessioni e lo scambio oltre i confini regionali. Uno studio più minuzioso sui recenti dibattiti a proposito dei meriti di questi scambi è tuttora in corso. Reynolds vede nel rapporto tra World History e africanistica una misura della natura mutevole della ricerca storica nel secolo scorso.[13]
La Storia viene tradizionalmente scritta dal punto di vista dei governi nazionali o è basata sulle comunità geografiche. Tuttavia, è possibile leggere la World History come storia della civiltà umana alla ricerca di nuove istituzioni e forme di espressione per i tempi futuri; può quindi essere interpretata come una "storia della creazione", finalizzata a raccontare lo sviluppo della società umana. Con questa chiave di lettura la storia dovrebbe includere non solo la storia politica e diplomatica, ma la religione, il commercio, l'istruzione, l'intrattenimento e i metodi di comunicazione[14].
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